SPmilk: la plastica biodegradabile che deriva dal latte scaduto

È una “plastica” di origine organica, compostabile e circolare. Si ricava dal latte scaduto ed è un’invenzione della start up Splastica dell’Università Tor Vergata, guidata da donne e selezionata dalla Commissione europea per l’elevatissimo contenuto tecnologico.

L’inquinamento delle acque, un grave problema

Le microplastiche stanno uccidendo i pesci, soprattutto i piccoli che si trovano ancora allo stadio larvale. La conferma arriva da un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia. Le microplastiche per i pesci stanno diventando un dannoso ‘cibo da fast food’.

Purtroppo, le microplastiche sono presenti in concentrazioni sempre più elevate nei mari e negli oceani, tanto da confondere i pesci e da diventare un vero e proprio nutrimento “killer”. È la prima volta che i ricercatori confermano il fenomeno per quanto riguarda pesci che si trovano ancora allo stadio larvale e si tratta di un forte motivo di preoccupazioni.

I ricercatori hanno sottolineato che entro il 2050 negli oceani ci sarà più plastica che pesci e che, ogni anno, nelle acque finiscono circa 8 milioni di tonnellate di plastica. I rifiuti di plastica passando dai fiumi ai mari si scompongono in pezzi sempre più piccoli, fino a diventare microplastiche.

La sfida della start up SPlastica

Un gruppo di ricercatrici della Macroarea di Scienze dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata si è interrogato su come poter arginare il problema. È stata proprio una domanda semplice che ha portato alla realizzazione di SPlastica. Si tratta di una start up dedicata alla produzione di materiali innovativi in grado di riprodurre le stesse prestazioni meccaniche delle plastiche da origine fossile, ma al contrario di esse, capaci di essere smaltite nel nostro ambiente.

Il materiale messo a punto dalle chimiche di SPlastica è biodegradabile e compostabile, oltre ad essere prodotto in ottica circolare e sostenibile.

Una innovazione che è valsa alla start up italiana un posto nella liste delle prime 50 aziende individuate dal nuovo programma pilota della Commissione europea Women TechEU a sostegno delle start-up guidate da donne a elevatissimo contenuto tecnologico. Il finanziamento per sostenere le fasi iniziali del processo di innovazione e la crescita dell’impresa è di 75.000 euro.

È una questione di chimica

“La plastica di origine fossile viene sintetizzata dall’uomo utilizzando monomeri (molecole) che vengono legati l’uno all’altro, come le perle di una collana, per diventare polimeri – spiega Emanuela Gatto, docente di chimica fisica per il corso di laurea in Scienza dei materiali. “Invece il nostro approccio utilizza polimeri già esistenti in natura e parte da questi per realizzare materiali sostenibili per l’ambiente”.

I polimeri naturali, come amido e cellulosa, si trovano in natura e, per le proprie proprietà chimiche, possono essere utilizzate per varie applicazioni materiali. Inoltre, al contrario dei polimeri sintetizzati dall’uomo, sono anche in grado di degradarsi senza residui dannosi.

Da latte scaduto a materiale innovativo

SPlastica è dunque un nuovo materiale realizzato a partire da scarti organici. È resistente, ma anche completamente biodegradabile esi trasforma naturalmente in compost in 60-90 giorni.

Più precisamente, nei laboratori di Tor Vergata, a partire dal latte scaduto, si producono senza solventi organici, i granuli di plastica che nella loro applicazione industriale potranno essere trasformati in oggetti di ogni sorta.

Il materiale si chiama “SP-milk” ed oggi sta cercando di superare la prova più difficile: passare dalla produzione in scala di laboratorio a quella industriale.

“Grazie al finanziamento della Regione Lazio – prosegue Gatto – stiamo facendo i test industriali sul latte e collaborando con una azienda che stampa plastica”. Sul sito della start up sono già presenti alcuni esempi di oggetti in “splastica”: tappi, bastoncini per girare il caffè, portachiavi. Gli usi potranno essere i più disparati. Il materiale è anche filmabile per la realizzazione di pellicole salva alimenti. Inoltre, potrebbe essere adatto, nella sua declinazione industriale, a realizzare oggetti monouso, di cui ancora in molti casi non riusciamo a fare a meno.

Le nuove generazioni ci guardano

In quanto progetto universitario, Splastica non è solo un’avventura industriale, ma anche divulgativa e di sensibilizzazione. Gli studenti di oggi sono sempre più consapevoli e informati sul problema dell’inquinamento da plastiche e sulla crisi climatica che stiamo vivendo. L’avventura industriale delle studiose italiane è alimentata anche da una coscienza ambientale che ha visto in questi anni crescere la consapevolezza e anche la chiamata delle nuove generazioni a fare qualcosa per la Terra e per il futuro.

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